Minoranze rioccupano le scuole a Palermo: lo spettacolo ricomincia dal Cannizzaro. Si attendono evoluzioni.
NELLE CORDE.
Ecco la mia lettura. Una delle maniere per depotenziare il valore del lavoro di interi collegi, o assemblee, di insegnanti che si stanno muovendo gradualmente sfidando da dentro il sistema scuola voluto dal Ministero è quello di farli passare per facinorosi "come quelli che occupano". E siccome finora nessuna scuola era stata occupata, in tutta Italia, ma la pressione delle assemblee di docenti aveva "dovuto" far cambiare idea al Governo intorno a certe decisioni "impopolari ma necessarie", è arrivato il momento per qualcuno di suggerire, o far suggerire, a frange di studenti che la maniera giusta per dimostrare l'opposizione alla legge Aprea, o che dir si voglia, è quello di fare fronte occupando le scuole. In questa maniera gli studenti fanno da boomerang nei confronti dei docenti, fornendo a "chi di dovere" un poker d'assi servito. Insomma, secondo me (e mi prendo la responsabilità di quello che scrivo), siccome gli studenti si possono manipolare (sono masse, mosse da pochi) e gli insegnanti no, per togliere valore e forza al lavoro lento ma senza sosta degli insegnanti è possibile minarlo alla base facendo eccitare la questione con una procedura, quella delle occupazioni, che, notoriamente, non raggiunge mai i risultati voluti e, anzi, provoca recrudescenze o accelerazioni in senso contrario.
NEI FATTI.
Sabato scorso ero al Cannizzaro e ho assistito ad una concitata assemblea nella quale era evidente la "spaccatura" dei rappresentanti degli studenti (2 favorevoli, 2 contrari). A tale spaccatura facevano riscontro gli studenti che da una parte inneggiavano all'occupazione "per sostenere il valore della cultura" e altri che intendevano rimanere a scuola per convincere i primi dell'inutilità del gesto ma, per questo, invitati ad andarsene, se proprio erano contrari a rimanere.
NELLE PAROLE.
In questa operazione, alla luce di quanto ho scritto, c'è una regia che in maniera sibillina sostiene le opposizioni per stimolare il governo ad operare senza ascoltare le ragioni di chi vive, e vivrà, la scuola del post riforma: e non saranno certo questi studenti liceali. Dunque, chi opera nell'ombra? La storia d'Italia si è nutrita di queste ombre in tutti i tempi, ombre che rischiarano e spariscono dopo aver fatto luce, ma ci vogliono anni e nel frattempo quei gesti e quelle operazioni "nell'ombra" hanno perso lo smalto del tempo.
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