L’argomento è tedioso e di poco interesse per cui si dispone indisposto per il target bloggarolo. Altresì, per molti aspetti, va raccontato, altrimenti non si comprende a quale grado di alterazione dei rapporti di forza è arrivata una certa amministrazione pubblica. Io sono un insegnante di secondaria superiore, ogni anno appronto un programma di storia dell’arte che cerco di svolgere in maniera disciplinata ma originale, per quel che posso e per quanto so. Purtroppo in Italia si studia sempre meno storia dell’arte e sempre più inglese, mentre i migliori libri di storia dell’arte italiana sono scritti da studiosi inglesi. Casi della vita! Ogni anno ogni insegnante di ogni scuola di ogni ordine e grado è costretto a compilare una domanda di trasferimento presso la medesima o altra scuola. Ripeto, trasferimento anche presso la stessa scuola: puro teatro dell’assurdo. Comunque, questa domanda da quest’anno è stata informatizzata a livello centrale e viene compilata direttamente su un format on line del Ministero. Bisogna registrarsi, attendere che la procedura di registrazione vada a buon fine, farsi dare l’ok dalla propria scuola e poi sarà possibile compilare la richiesta.
A me quest’anno è andata così: compilo la domanda ministeriale, chiedendo il trasferimento ad altra sede rispetto a quella in cui ho lavorato. Dopo qualche mese la mia sede di titolarità (la mia scuola) mi comunica che, nonostante io sia l’unico insegnante di storia dell’arte di quella sede, sono un “perdente posto”, cioè non si è formata una cattedra di insegnamento in quella disciplina per l’esiguità di ore di insegnamento disponibili: perdo il posto di insegnante pur essendo l’unico docente di quella disciplina (Ionesco non avrebbe potuto nemmeno immaginarla una cosa così). Ma, proprio per l’assurdità della situazione, questo è un elemento a mio favore, pensa tu. Ovvero, visto che sono “perdente posto” posso ricompilare una seconda domanda di trasferimento, anche non dissimile alla prima, che sostituisce la precedente e mi mette in una certa condizione di priorità rispetto ad altri. Traduco: la prima domanda era volontaria (cioè, apparentemente volontaria: mi si costringe a scegliere delle sedi mostrando la richiesta come una mia scelta), la seconda è legata ad un evento indipendente dalla mia volontà. E siccome sono “costretto” a cercare una nuova sede perché la mia scuola mi dice “il tuo posto non c’è più”, l’amministrazione scolastica centrale (pur rispettando altre priorità normative e sindacali) mi darà la chance del docente costretto a cercare una nuova sede perché formalmente “licenziato” dalla propria sede: sono in corsia d’emergenza.
Attendo, quindi, il responso. Il meccanismo, peggio delle matrioske, è piuttosto articolato, per non dire complicato. Bisogna, innanzitutto, attendere che tutte le scuole dispongano gli organici (quanti studenti, quante classi, quanti docenti) e li comunichino ai loro uffici provinciali. I dati vengono aggregati a livello provinciale, regionale, nazionale per rispondere alle eventuali richieste di trasferimento presso la propria sede, entro il proprio comune, entro la provincia, fuori provincia, fuori regione: le risposte arriveranno per cerchi concentrici, dal più vicino al più lontano. La roulette russa inizia a gennaio e si protrae fin dopo la fine della scuola, diciamo fino a giugno inoltrato. La risposta arriva, infine, subdola, così: “Gentile Insegnante - bla bla bla - L'esito che segue prospetta quanto elaborato dalle procedure automatiche del Sistema Informativo del Ministero alla data del 13 luglio ed è conforme alle informazioni riportate negli elenchi ufficiali pubblicati dagli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali - ancora bla bla bla, e poi, su un vassoio di Limoges - Le comunichiamo che, per l'a.s. 2011/2012, ha ottenuto il Trasferimento d’ufficio presso la scuola PASS000XY6 - Dotazione organica provinciale di Palermo”.
La mia corsia preferenziale mi ha fatto, dunque, “ottenere” un trasferimento che non ho richiesto: pensate che fortuna! Non me l’aspettavo, ed eccolo lì il mio “trasferimento d’ufficio”. Qui il binomio Ionesco e Kafka avrebbe i favori della critica: ho ottenuto, non richiesto, un trasferimento d’ufficio. Dopotutto, chi richiederebbe, potendo scegliere, un trasferimento d’ufficio? Lapalisse sverrebbe. Ma non basta: il trasferimento ottenuto è presso una “dotazione organica provinciale”: cos’è? Su Wikipedia c’è scritto: “DOP o Dotazione organica provinciale: il docente viene assegnato di volta in volta per coprire eventuali assenze, come una sorta di supplente perenne”. In realtà la dotazione organica è una specie di area di parcheggio, un limbo o un pianerottolo intermedio su cui non si affacciano porte: i docenti “dopati” vengono collocati lì perché, nella sostanza, non ci sono posti che li possano accogliere, o non ancora. Aspettano, fischiettano, si guardano intorno, si sorridono tra di loro, si scambiano i silenzi e gli sbuffi, ma non sanno dove andare, e cosa fare: dop! Allora mi reco presso gli uffici provinciali a cui verrei trasferito d’ufficio, ottenendo quel che non ho richiesto. Dopo una coda nemmeno tanto lunga entro in una stanza in cui incontro, nientepopodimenoche, il signor Malaussene. Roba da non crederci, ma vi assicuro che era proprio lui. Stava lì, aspettava le domande, le critiche, le bordate di ogni genere, e poi annuiva, faceva spallucce, sospirava, diceva di sì con il capo, in automatico, dava ragione a tutti, e poi diceva meccanicamente “bisogna aspettare” e mi spiega in due parole che, manco a dirlo, questo trasferimento nel nulla apre ad ogni possibilità, heideggerianamente. Che culo! Ma-la-u-sse-ne, di fronte a me e nemmeno l’autografo gli ho chiesto.
Dieci giorni dopo, colpo di scena: non solo dop, la mia classe di concorso è in esubero. Riassumo: chiedo trasferimento “volontario”, sono “perdente posto”, richiedo trasferimento da perdente posto, entro in corsia preferenziale, ottengo un trasferimento d’ufficio in un posto che non ho richiesto e, prima del caffé, mi si dice che nel posto in cui sono stato trasferito sono di troppo, assieme a tanti altri. Wow! Devo assolutamente chiedere lumi a qualcuno, e allora torno nell’ufficio di Malaussene, deciso e preparato questa volta per chiedergli l’autografo. Sono un pugno di nervi al pensiero di reincontrarlo, ecco, è il mio turno, entro. Non c’è. Al suo posto una signora di mezza età che dà le risposte giuste a domande ben poste, o in alcuni casi corregge anche le domande. Da una parte sono deluso, dall’altra contento che ci sia qualcuno che abbia una reale competenza sull’argomento. Questa volta ho solo due possibilità che si chiamano: “utilizzazione” e “assegnazione provvisoria”. Cioè, non verrò trasferito ma utilizzato: mi balena l’immagine dell’utilizzatore finale del poeta padovano Ghedini, e penso a chi potrebbe utilizzarmi. Lasciamo perdere. Traggo, invece, dal web domande e risposte che diradano alcune foschie in merito: utilizzazione e assegnazione provvisoria permettono al docente di “trasferirsi” per un anno scolastico in altra scuola (anche di altra regione), mantenendo la titolarità nella sede di appartenenza. E poi, gli utilizzi precedono le assegnazioni, in quanto l’utilizzo deve garantire al docente la sistemazione per l’anno scolastico successivo, l’assegnazione no.
Questa volta è facile: richiedo utilizzazione vicino a casa, visto che lo scorso anno avevo ottenuto un trasferimento d’ufficio in una sede a 45 chilometri da casa. Deposito la mia domanda il 28 luglio e attendo il decreto ufficiale. Il 9 agosto vengono pubblicate le graduatorie relative a quella domanda, a occhio e croce ci sono più di 300 persone nelle mie stesse condizioni, in varie classi di concorso, e la stima è per difetto. 300 sul pianerottolo a fischiettare, sorridersi e annuire verso il nulla: in fondo in fondo, il varco delle Termopili. Tranne i giorni che vanno dal 13 al 15 agosto, il Centro dei Servizi Amministrativi di Palermo, da cui dipende l’ambaradan, ha pubblicato su internet, tolti sabati e domeniche, da una a sette informative sulla situazione dei posti per docenti dei vari gradi e personale scolastico ata e amministrativi: ovvero, un ufficio che, nel suo complesso, ha prodotto una certa mole di lavoro. Tranne che per i 300 di cui sopra. Finché, finalmente, ieri il capintesta Leone, dirigente generale dell’ufficio, si è esibito in un doppio salto mortale che dice così (testualmente): “Si comunica che il personale docente che ancora fosse in attesa di conoscere la sede di utilizzazione e/o di assegnazione provvisoria dovrà assumere servizio il giorno 1° settembre 2011 nella attuale sede di titolarità e/o di servizio (docenti senza sede, DOP e DOS)”, che, tradotto nello slang quotidiano, va letto così: “Quest’anno abbiamo scherzato, torna a lavorare dove stavi lo scorso anno: riprova, sarai più fortunato”. Non capisco la quadra: quella scuola mi ha detto che lì sono perdente posto e io torno a lavorare lì, in un luogo che non può darmi interamente il posto che mi spetterebbe? E poi, pur perdendoci, il posto non dovrebbe essere rivelato dalla graduatoria: altrimenti, che senso avrebbe aver perso del tempo per compilarla? A conti fatti, dunque, non ci ho capito nulla.
Non ho capito la domanda informatizzata, la graduatoria scolastica, la ridomanda, le verifiche, la collocazione dop, l’esubero del posto, la riridomanda, la graduatoria, il non lavoro dell’ufficio, la dichiarazione del dirigente, il ritorno ab origine. Mi pare un lavoro da pazzi, a perdere, giusto per far passare tempo e occupare in qualche modo il personale degli uffici: il termine del nostro tempo è “intrattenimento”. Se il trend è questo, però, ogni anno andrà sempre in scena la stessa farsa, con sempre meno pubblico e sempre più attori: e come faremo quando non si potrà far altro che riempire la sala con gli attori e il personale di scena? Mi pare che, in tal senso, non ci venga prospettata alcuna soluzione e che si vada a naso, senza strumenti, nella nebbia, sempre più fitta. Si cincischia, intanto, si perde tempo, si allestiscono Pof sempre più tergiversanti, si misurano le qualità organolettiche dei metodi di insegnamento con le Invalsi. Ma, di più, non ho capito che senso abbia tutta questa ammuìna che ogni anno si mette in scena: perché un’azienda enorme come la scuola ogni anno deve far cambiare personale alle proprie sedi (da che parte sta il vantaggio)? Perché bisogna ogni anno mostrare agli allievi di questa amministrazione pubblica metodi di studio, criteri di valutazione e insegnanti sempre diversi? Perché dopare l’ultima frontiera del pensiero pulito?
1 commento:
Quest'anno ho vissuto anch'io la medesima esperienza (DOP per la prima volta, a Palermo), lo stesso disorientamento, le stesse assurdità burocratiche, per rimanere poi utilizzato nella scuola di provenienza. DOP vuol dire che: proveniendo dallo stato di docente precario a tempo determinato, si passa per un breve periodo allo stato di docente a tempo determinato, per poi confluire nello stato di docente precario a tempo indeterminato.
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