22/12/08

ZERO REGOLE

La scuola non ha un regolamento d'istituto "valido", nonostante giri una copia di una cosa che è la copia di un'altra cosa. Ogni anno, prima dell'inizio d'anno, ogni istituto deve approvare un regolamento accettato da tutte le parti rappresentative dell'istituto stesso. L'organo che approva il regolamento d'istituto è il Consiglio d'Istituto, che raccoglie le componenti presenti all'interno della scuola. E il Consiglio d'Istituto, per quanto se ne sappia, non ha approvato ancora alcunché. Per cui il regolamento in circolazione non ha validità alcuna fino a quando, almeno, non verrà approvato dalle parti.

E dunque, in questi casi, a cosa ci si affida per regolare la vita all'interno dell'istituto scolastico? Teoricamente al precedente regolamento. Il precedente regolamento, che è quello tuttora adottato, accetta che le norme in esso contenute siano allineate allo Statuto delle studentesse e degli studenti (di cui il blog ha già riportato i contenuti) ma non se ne fa carico nell'articolato interno e, soprattutto, viene somministrato alla scuola senza essere stato approvato dalla componente studentesca, cosa esplicitamente richiesta dallo statuto suddetto.

Siamo in assenza di regole, dunque, solo per quanto riguarda la vita degli studenti (e, in parte, dei docenti) all'interno dell'istituzione? O mancano regole anche all'interno del sistema organizzativo? Come si sa, chi lo sa, la deregulation, o deregolazione o deregolamentazione, è quel processo per cui i governi eliminano le restrizioni degli affari al fine di incoraggiare le efficienti operazioni del mercato. La base razionale per la deregulation è, generalmente, che un minor numero di regole porta a un maggior livello di concorrenza, conseguentemente a maggior produttività, maggior efficienza e, in generale, prezzi più bassi.

Già, ma la deregulation è un sistema di semplificazione dei sistemi di regole esistenti, non l'assenza totale di regole. Se vogliamo avere un'efficienza condivisa tra soggetti che partecipano alla vita della scuola dobbiamo, innanzitutto, adottare strutturalmente regolamenti che indichino quali vie bisogna percorrere per esigere più diritti e doveri, e orientare i soggetti interessati a comprendere, assimilare e adottare tali regole, indipendentemente dalla carica ricoperta. Solo in questa maniera si può essere scuola, unico corpo riconoscibile, e interloquire sul riconoscimento dei soggetti che ad essa fanno riferimento.

16/12/08

LA SCUOLA DEI COGLIONI

L'istituto scolastico in cui insegno, a Palermo, ha istituito dal 15 al 19 di dicembre la "Settimana dello studente", in cui gli allievi dell'istituto stesso sono stati invitati ad organizzare, con l'appoggio e il coordinamento dei loro professori, laboratori alternativi allo studio delle discipline tradizionali o previste dal piano di studi. Questo nelle premesse, non nei fatti.

Ho avuto la dimostrazione, oggi, che è impossibile selezionare tra docenti e studenti chi è coglione o chi ha i coglioni, per questo mi sono fatto una mia idea. Ovviamente non voglio generalizzare, ma ho visto che una volta che la scuola è stata trasformata in un flipper (termine obsoleto ma efficace) le varie palline ruotavano all'impazzata senza raggiungere nessun altro obiettivo che il loro punto di partenza.

Ecco l'argomento della maggior parte dei laboratori, avallati dai docenti: pallavolo, pingpong, playstation, canto, musica, cineforum, e quant'altro del genere. Un centro sociale geriatrico, mancavano i balli sociali e il torneo di briscola e tressette. Penso che una scuola autogestita possa diventare una buona occasione per sperimentare relazioni e contenuti, non per fregarsene di tutto e prolungare il tempo pieno che si fa a casa (facendosi friggere il cervello dalla televisione) anche nel luogo in cui è ancora possibile, con un cervello non fritto, crescere intellettivamente.

Con il termine coglione, lo si sa, si intende l'accezione popolare di una parte anatomica del corpo umano. Il termine è anche un insulto entrato da tempo nel linguaggio corrente con il significato di "persona poco avveduta che non prevede le conseguenze dei propri atti per insufficiente intelligenza"; e tuttavia mantiene caratteristiche di innegabile volgarità. Viene frequentemente adoperato per prendere in giro o ingiuriare qualcuno (ad esempio, ne "I Malavoglia" di Giovanni Verga, padron 'Ntoni viene giudicato "minchione" dalla comunità perché incapace di perseguire i propri interessi).

Al plurale, sempre con tinte di volgarità ma questa volta in senso tutt'altro che dispregiativo, viene usato in varie espressioni colorite, quali "avere i coglioni" (o anche "averci le palle" o gli "attributi") per indicare una persona particolarmente capace e degna di ammirazione (uomo o anche donna, per un'impropria ma suggestiva forma di estensione). Ora, ecco il quadruccio, mi pare di avere notato per i corridoi della scuola una generazione di coglioni che si compiacevano, tutto sommato, d'esserlo, docenti e studenti che siano. Ma la scuola che figura ci fa?

La scuola ha i coglioni, o dovrebbe averli per gestire una matassa del genere. Li ha in senso figurato e li ha tecnicamente. Se i coglioni appartengono alla scuola, o la frequentano, la scuola ha i coglioni. Ma se i coglioni, che fanno parte della scuola, sottendono le attività di altri coglioni e non si rendono conto della coglionaggine generale che ormai ha pervaso gli spazi, le relazioni e gli atti, allora bisogna dire che la scuola è dei coglioni. Ai lettori l'ardua sentenza. Per quel che mi riguarda io sono portatore sano di coglionaggine, ma almeno so perché!!!

14/12/08

LABORATORI NARRATIVI



Per tre settimane, o su di lì, non si andrà a scuola a fare i professori né gli studenti. Questo accade al Salvemini, a Palermo, la scuola che frequento da insegnante. Questa settimana, dal 15 al 19, ci sarà la Settimana dello Studente, laboratori e incontri a tema variabile, richiesti, sollecitati o attesi dagli allievi, e i professori lì a fare da spalla o da interlocutore. Insomma, si pensa che debba essere così.

Poi, come sovente accade, i professori non riescono a svestire il ruolo e continuano a fare quel che chiede loro il protocollo proponendo laboratori legati alle discipline che normalmente insegnano. Il prof di italiano (per fare esempi generici) fa un laboratorio su Dante, quello di matematica ne fa uno sui numeri primi (senza siparietti letterari) e quello di disegno fa dipingere delle tele. Ma non era questo lo spirito, o così io non interpreto.

Io ho invitato Daniele Billitteri e Davide Enia avventurandomi in due laboratori narrativi, per ascoltarli parlare di Palermo e "acchiappare", come loro san fare bene, i ragazzi dell'Istituto per legarli, nel fiume di parole, alla loro città, più di quanto loro sappiano mai essere. I narratori hanno questo dono, e questo piacere: saper fare vedere cose che nel momento in cui loro parlano non sono lì, e far sentire il mondo attorno a queste cose. Per questo amo Daniele e Davide, e loro lo sanno.

12/12/08

10 REGOLE UTILI (prima di un'assemblea d'Istituto)

L'assemblea d'Istituto, oggi, qui, viene richiesta solo perché ne va fatta almeno una, una volta al mese, senza capire l'importanza che ha questo strumento nella conduzione della vita scolastica. Per quante assemblee d'Istituto si facciano, non sono evidenti i risultati concreti di questi incontri né le ipotesi di dialogo intavolate con la dirigenza della scuola. Per questo motivo, indico qui dieci semplici regole che possono essere utili a chi ricopre il ruolo di rappresentante d'istituto e di classe.

REGOLA 1
Leggere bene, sottolineare, studiare, ricordare, imparare lo STATUTO DELLE STUDENTESSE E DEGLI STUDENTI che è stato aggiornato dal DPR 235/07

REGOLA 2
Fare richiedere, da parte dei rappresentanti di classe, una assemblea di classe, nella cui richiesta vanno formulati pochi ma sostanziosi punti di cui discutere. Per svolgere l'assemblea (se ne può fare una al mese) bisogna richiedere la disponibilità dei docenti in cui ricade l'ora dell'assemblea.

REGOLA 3
Ogni assemblea di classe dovrà redigere un verbale sui contenuti discussi, sui problemi della classe e sulle proposte che sono emerse. Il verbale può essere un semplice quadernone a quadri o a righe. Sul verbale va riportato il giorno e l'ora in cui si è svolta l'assemblea, gli alunni presenti e un elenco per punti delle cose di cui si è parlato.

REGOLA 4
Copie, o fotocopie, dei verbali vanno raccolte dai rappresentanti d'Istituto e ordinati (organizzati) per tipologia di problemi e di proposte. Mentre il verbale della classe deve rimanere nelle mani di uno dei rappresentanti di classe o, se disponibile, nell'aula destinata dalla scuola agli studenti.

REGOLA 5
La sintesi dei verbali delle classi, gestita dai rappresentanti d'Istituto, diventerà la base per la richiesta di un comitato studentesco (assemblea dei rappresentanti di classe) durante il quale dovranno essere evidenziati i punti (problemi e proposte) da sottoporre al Consiglio d'Istituto da parte dei rappresentanti d'Istituto. Tali punti, in forma d'elenco, dovranno essere accettati o respinti dall'assemblea d'Istituto.

REGOLA 6
Prima di richiedere l'assemblea d'Istituto i rappresentanti d'Istituto dovranno fornire l'elenco dei punti sopradetti emersi dalla riunione del comitato studentesco, in maniera tale che i rappresentanti di classe possano informare in anticipo la propria classe delle cose di cui si discuterà in assemblea.

REGOLA 7
Una volta richiesta l'assemblea (se ne può svolgere una al mese) bisognerà preparare una copia dell'elenco dei punti all'ordine del giorno da esporre preventivamente (qualche giorno prima) alla bacheca degli studenti o alla bacheca d'Istituto. In tal modo gli studenti della scuola verranno informati, sia dal rappresentante di classe che dalla bacheca pubblica, con un certo anticipo delle cose di cui si discuterà, o di cui sarà richiesto il voto.

REGOLA 8
L'assemblea, una volta riunita, si esprimerà innanzitutto, ad alzata di mano, sui punti all'ordine del giorno e successivamente su questioni emerse successivamente ai consigli di classe o al comitato studentesco. I punti votati e approvati faranno parte del documento di richieste, problemi, proposte da sottoporre al Dirigente scolastico e al Consiglio d'Istituto.

REGOLA 9
Il Consiglio d'Istituto, per discutere le proposte degli studenti, dovrà ricevere con un certo anticipo (almeno 15 giorni prima del suo svolgimento) le questioni deliberate dall'assemblea d'Istituto, in maniera che possano essere inserite nell'ordine del giorno. Tale documento dovrà essere consegnato al protocollo della scuola, datato e controfirmato dai rappresentanti d'Istituto, e indirizzato sia al Dirigente scolastico che al Presidente del Consiglio d'Istituto.

REGOLA 10
Una volta che i punti verranno discussi in Consiglio d'Istituto sarà cura dei rappresentanti d'Istituto redigere una lettera agli studenti in cui andrà inserito:
a. l'elenco delle richieste fatte, approvate dall'assemblea d'Istituto
b. un breve riassunto della discussione svolta
c. gli esiti delle richieste, approvate o respinte dal Consiglio e con che tipo di votazione (all'unanimità o a maggioranza).

11/12/08

Il futuro è adesso...5 minuti fa!

La storia ci afferma che si può cambiare, in base agli sbagli dei nostri antenati potremmo sapere ciò che dobbiamo o non dobbiamo fare, capire quale sia il bene o il male, quale scelta intraprendere, se sia giusta o sbagliata, non è poi tanto difficile, bisogna avere solo un po’ di buona volontà e di buon senso! Attraverso il passato sappiamo quali possono essere i nostri errori, il problema è che quasi nessuno cerca di non commetterli nuovamente, destinati a un futuro uguale a ieri?? Per capire che bisogna fare dei cambiamenti, per forza dobbiamo essere sopraffatti da notizie di stragi? Be fino adesso è stato così, anzi ancora di cambiamenti non se ne vede nemmeno l’ombra!
Forse siamo cechi o forse non abbiamo le giuste conoscenze per sapere quale fosse la realtà, ma per noi la realtà è quella che vediamo, non quella chiamata “apparenza”, apparenza di persone che si vantano di governare un buon paese quando di quel paese non sanno nemmeno quali fossero i problemi reali! Problemi? Quali problemi? Loro possono anche scrivere una pagina dei loro problemi, ma le gente dei nostri quartieri potrebbero scriverci un libro di problemi! Il degrado morale, psicologico, fisico, sanitario, si guadagna a stento e a stento si riesce a mantenere una famiglia! Gente che si lamenta perche muore di fame, e gente che si lamenta perché il suo stipendio di 10 mila euro è stato dimezzato! Questa non è democrazia, è solo un despotismo di uomini che camuffando le loro bravate dicono di fare le leggi a nostro favore ma in realtà i favori li fanno a loro stessi, tutto va a loro vantaggio, non di certo a noi, e se noi abbiamo qualche vantaggio è solo per puro caso o perché non possono farne a meno!
Dicono di dimezzare i costi dei finanziamenti nelle scuole pubbliche, si, così chi ha come scuola una struttura inagibile e non ha i mezzi per poter andare in una scuola privata ha due possibilità, o abbandonare gli studi o rischiare di rimanere sotto le macerie in un tetto che crolla, sperando che ti vada bene! Be che dire, una bella prospettiva no?!
Siamo stanchi di gridare al mondo intero dove ha abbandonato i NOSTRI DIRITTI, cerchiamo di confondere il male dal bene per cercare di avere una risposta, ma nessuno sta a sentire ciò che pensiamo, ci sentiamo esclusi da ogni decisione che si prende in base ai NOSTRI DOVERI, urliamo, ma il silenzio persiste, i nostri ideali le nostre speranze non hanno più un fondamento solido, e le nostre menti vagano per non stare a sentire le fandonie di chi non vuole ascoltare prima noi!
Il futuro potrebbe essere identico al passato, ma se si fanno le giuste scelte potremmo anche cambiare le nostre speranze!

Questo è un documento tratto da un discorso di Piero Calamandreri pronunciato al terzo Congresso in difesa della Scuola nazionale a Roma l’11 Febbraio del 1950. Penso sia giusto farvi leggere questo documento perché nonostante sia di molto tempo fa, riflette un po’ l’attualità dei nostri tempi; è vero è un pò lunghetto ma vale la pena leggerlo, a me personalmente ha scaturito una risatina sarcastica.
“Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole in Stato di scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle i Stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposi a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Cosi la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi in questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.”
Ognuno si faccia una propria idea… io mi sono già fatta la mia!

06/12/08

CU ARRIVA IETTA VUCI


Se fossi uno studente del Salvemini, per una volta, andrei a teatro. Se fossi un docente del Salvemini, per una volta, ci andrei pure io. E ci andrei, pure, se fossi solo un impiegato, un amministrativo, un tecnico o un ata. Per una volta, almeno questa volta.