01/11/08

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Si sono svolte nei giorni scorsi, come antefatto alle elezioni per il rinnovo dei rappresentanti di alunni e genitori ai consigli di classe, assemblee degli studenti dei due plessi dell'istituto, e ancor prima (almeno per quanto mi riguarda) classe per classe tutti gli studenti sono stati avvisati dell'importanza della tornata elettorale richiedendo loro un voto responsabile e l'invito ai loro genitori di rappresentare, classe per classe, la componente relativa. Tradotto in italiano: sia gli alunni e, per loro tramite, i genitori sono stati avvertiti del fatto che si stessero svolgendo elezioni a scuola.

Non posso entrare nel merito dei risultati, ora, ma posso dire che l'affluenza degli alunni è stata sufficiente (hanno votato i 2/3 degli iscritti, o due studenti su tre) mentre l'attenzione dei genitori è stata delirante: hanno votato solo due (dicasi 2) genitori. Io penso che sia mancata la comunicazione dell'evento, ovvero che gli alunni non abbiano comunicato nulla a casa. Ma le ipotesi posso anche essere altre: cioè, (a) che i genitori lo abbiano saputo e hanno pensato che ci sarebbero andati gli altri, (b) oppure lo hanno saputo e si sono detti "ma a me chi mi porta a perdere tutto questo tempo per la scuola?".

In ogni caso si apre una questione di non poco conto che si può declinare così: ai genitori dei ragazzi che vanno in una scuola pubblica - vessata da decreti e balzelli, intorpidita dai programmi ministeriali e da un evidente disagio relazionale, assente dalla relazione con le famiglie (se non per avvisare di assenze dei figli) e tutta concentrata sulle proprie "armonie" interne - non gliene frega nulla di partecipare, come delegati di altri genitori, ai consigli di classe e, anzi, vedono la cosa come un fastidio, tempo perso. Sarà che il tempo va occupato in altro modo o che la scuola non attira più, politicamente, le famiglie, ma il trend suggerito in questo passaggio generazionale non stupisce: incute il timore reverenziale che si ha per ciò che non si conosce.

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