Le leggi cambiano, vengono riscritte, rimodulate, trasformate per adeguarsi, spesso, ai tempi, alle condizioni culturali di un'epoca e di un popolo. Non è detto che cambino sempre in meglio ma, insomma, sono lo specchio di quel tempo. La storia recente ci ha insegnato che cambiano anche i contratti di lavoro e le modalità di approvazione delle norme. Il mio lavoro, per esempio, per quanto ne so, è regolato da un contratto nazionale che ha definito nel tempo alcune modifiche formali e altre sostanziali. L'originale è il CCNL Comparto Scuola del 4 agosto 1995, modificato dal CCNL Comparto Scuola del 26 maggio 1999. Non voglio farla lunga, per cui mostro un solo comma: riguarda una accezione della funzione docente (in origine: Titolo III, Capo II, Sezione II, Art.38, Comma 5; oggi: Titolo I, Capo IV, Sezione II, Art.23, Comma 5).
Originale
5. I docenti, nella loro dimensione collegiale, elaborano, attuano e verificano, per gli aspetti pedagogico-didattici, il progetto di istituto, adattandone l'articolazione alle differenziate esigenze degli alunni e tenendo conto del contesto socio economico e culturale di riferimento.
Modifica
5. In attuazione dell’autonomia scolastica i docenti, nelle attività collegiali, elaborano, attuano e verificano, per gli aspetti pedagogico–didattici, il piano dell’offerta formativa, adattandone l’articolazione alle differenziate esigenze degli alunni e tenendo conto del contesto socio-economico di riferimento.
Spero che la differenza sia chiara, perché a me non va di commentare.
[Per non sapere né leggere né scrivere] "L'espressione vuol dire chiaramente: per essere sicuri, per aver tutto in regola, per non rimanere fuori"
17/09/11
16/09/11
L'AULA
Due giorni fa, ore 9:00, ho scattato la foto della bellissima aula magna del Liceo Croce di Palermo: larga, alta e profonda, ma anche affrescata e restaurata. Uno spazio comune di lavoro, e di rappresentanza. Oggi, ore 8:00, mi sono trovato a condividere uno spazio comune, stesso Liceo, con 28 ragazzi prossimi alla maggior età. Eravamo tutti nella stessa aula, esposta ad est, senza possibilità di essere oscurata, e respiravamo assieme l'aria di un'area insolitamente esigua rispetto al numero di persone presenti. Diciamo pure che gli standard minimi di sicurezza, oltre che di igiene e salute, sforavano oltremodo. Per 29 persone sarebbe stata necessaria un'aula di almeno 55 metri quadri, oppure grosso modo di 7 metri per 9, con congrui spazi di fruizione tra i banchi, per raggiungere l'uscita in caso di necessità. Non era così. Spero che qualcuno abbia il buon senso di organizzare le aule (luoghi) in funzione delle classi (gruppi di persone), altrimenti mi propongo già da adesso per una sana obiezione di coscienza per non utilizzare spazi pubblici illegali e/o non rispondenti ai requisiti prescritti dalle normative vigenti.
15/09/11
IN SALITA
14/09/11
LA MIA RAZZIONE
Arrivo a scuola con lo scooter, quello che a Palermo chiamano il motore con una graziosa sineddoche. Arrivo e parcheggio dove capita. La fantasiosa area di parcheggio del Liceo Dolci, sede centrale, mi accoglie con l'imprinting letterario di un amante che riflette sull'amore. Alla foto mancano due lettere, ma il senso è chiaro: l'amore non è razzionalità. Mi spiace per il correttore automatico del blog, ma devo forzare l'errore per farlo accettare. Mi piace la doppia z rafforzativa, e la frase successiva che rafforza il concetto precedente. Quella parete non crollerà mai per quanto è stata "rafforzata", il mio motore è al sicuro. Come lo è nell'area dedicata al parcheggio scooter del Liceo Croce, sede centrale: è l'interno della Chiesa S. Giovanni di Dio, costruita nel 1663 dai padri Benfratelli e distrutta nel 1943 da un bombardamento aereo. Fino ad ora ho lasciato riposare il motore accanto ad una delle otto cappelle laterali; da domani, quando tutti vorranno inveire per la loro area di parcheggio dovrò astenermi, probabilmente. Poco importa, la mia "razzione" l'ho avuta.
13/09/11
I MIEI DATI
Secondo giorno. Bisogna ricordarsi di "prendere servizio", ogni scuola invita i propri docenti a prendere servizio compilando mucchietti di carta, ogni volta uguali e ogni volta diversi. Ogni scuola riflette, come in un caleidoscopio, frammenti di inefficienza di un sistema centrale che regola (o sregola) la vita dei singoli istituti mentre, al tempo stesso, non riesce a ottimizzare procedure e burocrazie spesso inutili, oppure duplicati e ripetizioni di altre burocrazie e procedure. Ritengo che, una volta entrato nel sistema del pubblico impiego (anche se non penso all'insegnamento come ad un semplice impiego), i miei dati, fin tanto che io non chiedo di aggiornarli, siano acquisiti dal mio datore di lavoro che è il Ministero della Pubblica Istruzione (mentre il mio datore di stipendio è il Ministero delle Finanze). Il mio datore di lavoro, una volta che mi ha consentito di accedere ufficialmente al "ruolo" di insegnante, ha preteso, giustamente, che io gli dessi tutti quei dati utili a riconoscermi come persona fisica, a collocarmi fiscalmente e retributivamente, ad individuarmi attraverso una codificazione dei miei dati, più o meno sensibili, e delle notizie relative al mio status quo. Io ho dato tutte le notizie richieste. Ogni anno io continuo a dare, grosso modo, sempre le stesse notizie in tutte le scuole in cui vado ad insegnare come se, ogni anno, io fossi un illustre sconosciuto. E invece no, ogni anno, anzi, ogni mese, in virtù di quelle notizie che io ho dato, continuano a pagarmi uno stipendio, a testimonianza che io ancora esisto, lavoro da qualche parte e i miei dati sono stati acquisiti a livello centrale. A me pare un inutile spreco di risorse, materiali e immateriali, ogni anno, continuare a riempire scartoffie, collocarle in carpettine che portano sopra il mio nome facendo finta (loro, io, tutti) che quei dati siano sempre nuovi e sempre diversi: non è così.
12/09/11
DOLCI IN CROCE
Si ricomincia, con una settimana di delay. Quest'anno sarò reperibile a Palermo, tra il Liceo Dolci e il Liceo Croce. L'unica interferenza che ho trovato sul web tra i due sta qui, non altro. Non tra i Licei, ma tra Danilo Dolci e Benedetto Croce. Insomma, ogni anno, per me, è sempre il primo giorno di scuola, ogni anno cambiano le strutture, i docenti, il personale, gli studenti. Non riesco a fermarmi il giusto tempo nello stesso posto (mi è capitato solo all'inizio di questa avventura) per affezionarmi a qualcuno, per curare una relazione professionale, per costruire cose: so di lasciare, ogni anno, o di esser lasciato e, per questo, so di dover ricominciare, ogni anno, daccapo. Nessun fil rouge, nessun legame. Questo vuol dire che faccio a tutti gli effetti il visiting prof., come nelle grandi università: che voglio di più? Per questo stamane mi sono presentato, ho firmato qualche carta, ho preso servizio, non ho salutato quasi nessuno (solo alcuni pirati che, come me, avevano trovato lì, per adesso, dei porti quasi sicuri), ho atteso una riunione, ho visto volti, ho ascoltato parole, ho atteso la fine dell'incontro... Sono tornato a casa.
02/09/11
MANIPOLAZIONI
Prendo dal sito isegretidellacasta.blogspot.com un testo di Noam Chomsky, che insegna al MIT. Il testo si può anche interpolare e sostituire i termini che interessano a quelli che vi sono più prossimi (docenti, studenti, dirigenti, etc)
Ecco come ci governano: le 10 strategie della manipolazione attraverso i massmedia
1-La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema-reazione-soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3- La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
4- La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.
7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori.
8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti ...
9- Rafforzare l’autocolpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!
10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.
Ecco come ci governano: le 10 strategie della manipolazione attraverso i massmedia
1-La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema-reazione-soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3- La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi. E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
4- La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato. Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale. Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo. Inoltre, l'uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.
7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori.
8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti ...
9- Rafforzare l’autocolpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione. E senza azione non c’è rivoluzione!
10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti. Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca. Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.
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