24/06/10

IN OGNI LUOGO



Questa, io la definisco una immagine "topica". Il termine "topico" è un'espressione filosofica, parte della logica e della retorica, ed indica un'argomentazione che si riferisce in modo specifico alla tesi che si intende dimostrare. Si può notare, nella fotografia (scattata di recente), la disposizione di banchi in un corridoio tipica di una sessione plenaria di esami, in una qualunque scuola di dovunque. Il termine "topico" ha poi la radice in topos, parola greca che indica una caratteristica di una determinata cosa o di uno specifico argomento (e letteralmente può anche significare "luogo"). L'immagine dimostra uno stato di cose, lo fa vedere senza pregiudizi: dice. Favorite immaginare (citando Morley) lo stesso luogo, il topos della foto, nel momento in cui quelle sedie e quei banchi vengono occupati. Un attimo prima nulla, un attimo dopo... Salta agli occhi la posizione e la disposizione degli elementi che riempiono l'immagine. In fisica il vettore posizione serve ad individuare un punto in un sistema cartesiano, in un topos cioè. La cosa posizionata occupa una certa porzione di spazio, porzione per sé misurabile. La disposizione individua, invece, l'atto del collocare elementi di un tutto in una certa maniera, che non è solo posizionarli ma scegliere la modalità per dare alle cose un certo ordine. Tanto che in termini giuridici il termine disposizione è utilizzato, nel suo significato più generale, come sinonimo di norma. La posizione colloca, la disposizione regola. Insomma, l'immagine mostra sedie e banchi collocati in un certo luogo e disposti volutamente in quella certa maniera. Evidentemente tale disposizione deriva da una necessità che, altrettanto evidentemente, non pone alternative: cioè, non ci sono altre soluzioni possibili se non quella che si vede in foto. Possibile? Eppure tale mancanza di alternative rende quel luogo, una volta riempito di individui, sensibile ad imponderabili rischi visto che la voluta, o dovuta, collocazione di sedie e banchi va ad ostruire una scala, ipotetica via di fuga da quel luogo. Ma qui si affrontano topoi inclassificabili, nonostante la retorica classica spieghi che essi erano utilizzati per rispondere a determinati quesiti (chi, che cosa, perché, come, quando, etc): la sicurezza di un luogo non attiene l'attività di chi vi svolge la propria opera bensì altri che, conto terzi, si assumono rischi ma non danni. Ora, però, l'evidenza appartiene a chi guarda, e guardando si fa un'opinione di quel che gli si pone innanzi. Chi difende la sicurezza di quel luogo, e l'incolumità dei suoi temporanei abitatori: quello che nota l'ostacolo e lo rimuove o quello che accetta la disposizione come una norma?

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