29/10/09

MA CHE GEOGRAFIA...

Penso che sia necessario avere strumenti corretti per vedere come cambia il mondo. Uno di questi è WorldMapper, guardare per capire.

19/10/09

>LA CLASSE E' ACQUA<

Il termine classe deriva dal latino classis, che ha probabilmente origine da un antico verbo che significava chiamare. Classis significava perciò chiamata, appello. Verso la metà del Settecento la parola classe venne impiegata nel linguaggio dell'economia con il valore di gruppo di persone che hanno la stessa situazione di reddito o che esercitano la stessa professione.

Karl Marx riprese l'idea settecentesca di classe come gruppo di individui omogeneo per origini, censo e cultura, ma ne evidenziò il significato economico. Nella teoria marxista - leninista, infatti, il concetto di classe è legato principalmente alla divisione del lavoro sociale in due categorie: la classe capitalista, che possiede i mezzi di produzione e quella proletaria che possiede la forza lavoro. Il corso della storia, secondo il marxismo-leninismo, è prodotto diretto del conflitto di classe destinato a risolversi con la presa del potere da parte del proletariato e la nascita di una società non più divisa.

Ogni stato organizzato, comunque, è governato da una classe dirigente che comprende i politici, ma anche chi detiene il potere reale, cioè industriali, magistrati, professionisti e intellettuali. Oltre che in politica e in sociologia, il termine classe è utilizzato in altri contesti sempre con il senso di gruppo di individui con caratteristiche simili. Nel linguaggio della burocrazia militare, appartengono ad una stessa classe tutti coloro che sono nati nello stesso anno. A questo si riferisce l'espressione classe di ferro. Nel mondo della scuola si indica con la parola classe l'unità organizzativa e didattica minima e, per estensione, sia l'insieme degli alunni che frequentano una classe che il locale dove si svolgono le lezioni.

Oggi mi è capitato, in una classe della scuola dove svolgo le mie mansioni di docente (insegnare no, mi pare esagerato), che una classe esprimesse il proprio conflitto nel seguire le mie lezioni chiedendo a gran voce di evitare che io affrontassi i termini grammatici dell'arte (i fondamentali, per lo sportivo) per vedere, tout court, le cose e seguire sulle pagine del libro le cose che io avrei dovuto spiegare. Con mio grande disappunto ho iniziato a fare l'insegnante perché questa è stata la loro richiesta. Glielo devo, da programma ministeriale, e lo farò. Mi aspettavo una generazione meno disattenta alla riflessione epistemologica, mi trovo davanti una generazione che vuole seguire il programma del corso, del libro e dell'insegnante. Il termine classe, infine, ha anche il senso di distinzione, signorilità, stile: si dice per questo che una persona è di classe o che ha classe (da cui, forse, l'espressione "la classe non è acqua"). Ma la parola può anche rappresentare un giudizio negativo quando indica una casta sociale o un ordine chiuso. Spiegato l'arcano!

08/10/09

SOMEBODY



Qualcuno (Somebody)

Voglio qualcuno con cui condividere
Dividere il resto della mia vita
Dividere i miei pensieri più profondi
Che conosca i miei particolari intimi
Qualcuno che stia al mio fianco
E mi dia coraggio
E in cambio
Otterrà il mio supporto
Mi ascolterà
quando vorrò parlare
del mondo in cui viviamo
e della vita in generale
Come la vedo io forse è sbagliato
I miei pensieri possono essere perfino perversi
lei mi ascolterà
e difficilmente si convertirà
al mio modo di pensare
infatti lei spesso non sarà daccordo
ma alla fine di tutto
lei mi capirà

Voglio qualcuno che si prenda cura
di me appassionatamente
con ogni pensiero e
con ogni respiro
Qualcuno che mi aiuti a vedere le cose
in modo differente
tutte le cose che detesto
quasi mi piaceranno
non voglio sentirmi legato
alle stringhe di qualcuno
sto cercando con attenzione distare alla larga
da questo
ma quando dormo
Vorrei qualcuno
Che mi abbracci
E che mi baci teneramente
Sebbene cose come queste
Mi rendano triste
In un caso come questo
Me la caverò

05/10/09

>LA CROCIATA DEL PROF. M<

Analizziamo la cosa, in astratto. L’istituto X sta all’interno di un edificio che prima ospitava uffici per L’Agenzia delle Entrate (Ministero delle Finanze, suppongo). Tale edificio, e, mi si dice, tutta una serie di edifici di tal fatta affittati a scuole e uffici pubblici, appartiene a un cittadino, e ad una famiglia, che possiede una grossa parte degli edifici della città K realizzati in un periodo di boom delle concessioni edilizie (che altri chiamano abusivismo pre-condono).

Tale cittadino affitta l’edificio, e tutti gli altri edifici, ad un ente pubblico pressocché soverchio (la Provincia Q della Regione Y) pur sapendo, i due contraenti, che esso non possiede nessuno dei requisiti che lo possano definire edificio pubblico, men che meno “scuola”. Questo contratto dovrà pur esistere, ma non viene fuori. La storia è comune a molti plessi. Lasciamo questa situazione qui, e andiamo avanti.

Arriva a dirigere l’Istituto X il professor M che, pur fidandosi delle consegne avute dal suo predecessore, vuol comunque veder chiaro tra le carte e lungo i corridoi dell’Istituto ereditato. Batti e ribatti, scopre la magagna e se ne avvede al punto che non solo manda elegantemente, in cuor suo, a quel paese (non diremo quale) il suo e i suoi predecessori che con grande leggerezza hanno gestito, al di fuori di ogni normativa di sicurezza, la vita in quell’edificio, che tutto potrà essere (seppur fuori norma) ma non scuola, ma fa di più.

Lo dice, chiaramente, e senza poter essere smentito, ad una giornalista. La cosa arriva su internet e, come ci si aspetterebbe, inizia a circolare negli ambienti dirigenziali fino a scatenare un putiferio. E invece no. La cosa arriva su internet. Punto. Finisce là. Ma come? Proprio ora che un dirigente dichiara la sacrosanta verità, bolla di sapone?

Eppure è così. Il dirigente può soltanto correre ai ripari, dopo la sua dichiarazione, e prova ad aggiustare una porta di sicurezza, a mettere a norma un impianto elettrico, richiama docenti e personale a verificare lo status quo delle aule in cui lavorano: soldi però non ce ne stanno, e l’edificio continua a non avere i requisiti. Ma in quella scuola vivono 1500 persone ogni giorno. Ripeto: millecinquecento persone ogni giorno, distribuite su cinque piani.

I piani di sicurezza non sono adeguati, non ci sono scale di sicurezza e, ciliegina sulla torta, anche se ci fossero la popolazione defluente non saprebbe dove allunare, una volta fuori. Il professor M lo sa, lo dice, lo comprende ma non ha soluzioni e dall’inutile Ente non arriva nessuna notizia: né addenda né reprimenda.

Ora capiamo da cosa derivano gli indirizzi strategici di Gelmini: il signor ministro pensa che tutto funzioni a meraviglia dovunque e che, essendo tutto così perfetto, vadano apportati correttivi strutturali che non consentano iniquità di trattamento tra differenti istituti e/o scuole.

Io non posso che plaudire, invece, alla sagacia del professor M che, nonostante tutto, immagina di intravedere un barlume di speranza all’orizzonte e, credendoci, insiste nella sua ricerca dell’Eldorado. La sua non è una crociata perduta in partenza, come non lo sarebbe quella di altre scuole se a sollevare i vessilli e a sguainare le spade fossero le centinaia di dirigenti scolastici che subiscono immotivatamente angherie “oltre norma” dai loro superiori.

E, forse, è da qui che dovrebbe ripartire con nuovo vigore una protesta. Solo una scuola consapevole dei propri limiti reali può indicare soluzioni contro il precariato e suggerire che le buone pratiche possono partire dal corpo docente, dalla popolazione scolastica, dal personale più che essere esperimenti in provetta sulla vita delle persone. Ho esagerato?

03/10/09

PROGETTI EXTRACURRICULARI

Estrapolo una parte della lettera scritta da Roberto Alessi, insegnante all'Istituto Danilo Dolci di Palermo, che traccia un discrimine utile a chiarire e a chiarirsi il senso dei progetti extracurriculari in questi tempi oscuri.

"Che senso ha, in una scuola a cui vengono sottratte risorse vitali, indispensabili per assicurare agli studenti il minimo indispensabile per la loro formazione (scuole idonee e sicure, insegnamenti stabili, coerenti e "di qualità", sostegno e assistenza per gli alunni disabili, insegnanti motivati e non mortificati, strumenti didattici essenziali, ecc.), proporre estemporanei “ampliamenti dell’offerta formativa”, rivolti ad un numero limitato di alunni, che non possono che assumere (nel migliore dei casi, che non è il più frequente) la funzione (beffarda, se si considera quanto si sta smobilitando nell’offerta “curricolare”) di “cattedrali nel deserto”? Secondo noi, non ha senso."

"Anzi, continuare ad “ampliare”, nel pomeriggio, quell’offerta formativa che, la mattina, viene mortificata e impoverita sino all’inverosimile, rischia di farci recitare la parte degli struzzi. Queste considerazioni, sia ben chiaro, valgono al di là del valore e dell’efficacia che il singolo “progetto” possa, più o meno legittimamente, rivendicare. E al di là, pure, delle ottime intenzioni che animano i docenti che propongono tali progetti."

"La scelta fatta dal Collegio della mia scuola (di rigettare i progetti extracurriculari), decisa da una buona maggioranza dei suoi componenti, ha innescato un acceso dibattito tra i docenti, che (immagino e mi auguro) proseguirà e si arricchirà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Alcuni dei docenti che avevano presentato progetti hanno deciso, comunque, di sostenere questa scelta. Altri, una nutrita minoranza di circa quaranta colleghi, l’ha avversata, con motivazioni che avranno modo di chiarire e approfondire nei prossimi giorni. Dal mio punto di vista, la delibera di ieri ha già raggiunto un importante risultato: si è creato un terreno di discussione e confronto, che, ripeto, sarà tanto più fertile e proficuo quanto più riuscirà a coinvolgere tanti altri docenti di tante altre scuole."

Mi pare anche questa una direzione civile da intraprendere, sia per comprendere dal di dentro cosa stia accadendo sia per evitare il laissez-faire che, alla lontana, non premia né il senso dell'insegnamento né il valore della presenza delle scuole sul territorio.