31/10/08

E RIBADISCO!

Anni fa, ricordo, si diceva che per fare "scuola" basterebbe che ci siano un insegnante e un alunno. Dovunque. Non necessariamente dentro una scuola. Qualunque luogo è adatto a fare scuola e, di più, qualunque luogo fa scuola ma la scuola non può "darsi" in un luogo qualunque. I ragazzi che io incontro tutte le settimane in un edificio, per esempio, hanno le loro scuole altrove: per strada, in famiglia, nelle associazioni sportive, tra la gente. La scuola, così come la vediamo ogni giorno, non è più attraente e finanche quello che poteva sembrare esclusivo fino a qualche tempo fa (il laboratorio di informatica, quello di scienze o la palestra accessoriata) ora è reperibile dovunque, meglio e ad un costo (in tempo) strettamente limitato.

Penso che sia arrivato il tempo di pensare una scuola diversa, senza farsi fregare dalle mucche pezzate di decreti, leggine e normative. Penso che sia arrivato il tempo di strutturare una scuola che vada oltre i progetti del POF o insegua, col fiatone, i miserabili finanziamenti per ristrutturare l'ordinario. Penso, dunque, non ad una scuola che stia al passo coi tempi ma che li precorra, che faccia ricerca a partire dal quotidiano e stimoli i suoi interlocutori privilgiati (gli allievi) ad esserne parte integrante riconoscendo loro non solo ruoli vicari o da comparse. E che si faccia i conti, una volta per tutte, coi programmi ministeriali sui quali vengono commisurati i contenuti dei libri di testo, più che sulle esigenze della contemporaneità.

22/10/08

AC(H)AB


Curioso, ma un sacco di gente usa gli acronimi e poi non sa nemmeno parlare in italiano. Secondo Tullio De Mauro, noto linguista, è un nome costituito da una o più lettere iniziali di altre parole [per es., radar, dall’ingl. ra(dio) d(etection) a(nd) r(anging)] o anche il nome costituito dalle lettere iniziali di una parola e dalle finali di un’altra [per es. motel, da mo(to–) e (ho)tel]. ACAB, così come si trova spesso scritto sui muri, sulle pareti, sugli striscioni, è, per l'appunto un acronimo.



Il fatto che sia comparso, scritto col fuoco (che animo poetico!), anche sui muri della scuola, e in maniera piuttosto evidente, non capisco se vuol dimostrare che chi lo scrive conosce il senso degli acronimi o, soltanto, immagina di saperci fare e si diverte (beato lui) a imbrattare uno spazio collettivo, la scuola appunto. In ultima analisi potrebbe anche significare il disagio di una generazione che, dismesse le parole con un senso compiuto, attiva un proprio linguaggio di sintesi in cui l'acronimo è sinonimo di rapidità (tvb, sms, 2u, eccetera) o solo di pigrizia.

Io mi sono permesso di aggiungere all'ACAB di cui sopra una H che, si sa, è muta ma, per quanto io ne sappia, ha il potere di trasformare, siccome muta, e dunque di mutare l'acronimo in nome, che non è magia da poco. E nemmeno il nome, mutato ma non muto, è nome da poco. Si tratta di un nome che, piuttosto, muta i nostri sogni, il nostro pensiero che, smarrendosi tra le parole, si ammutina e ci lascia esterrefatti, ammutoliti, dinanzi alla grandezza del nome che un H muta ha mutato e, per questo, reso mutevole il nostro desiderio di saperne di più. Così il muto acronimo si tramuta in altro, un sognatore, a cui generazioni di sognatori debbono l'immutabile desiderio di smarrirsi tra le parole. Intere.

20/10/08

CARI PROFESSORI



Forse ci si prende troppo sul serio, forse si crede di essere troppo avanti. Oppure, forse, è il caso di ascoltare le parole di un poeta, cantate da un'interprete molto brava.

18/10/08

TRAVAGLIO D'OTTOBRE



Vi passo questo video, che mi pare indicativo del luogo in cui abitiamo, delle persone che vediamo in televisione e delle idee che ci inducono ad accettare...

NE VOGLIAMO PARLARE?

I tempi sono strettissimi per le elezioni dei consigli, di classe e d'istituto. NVP? Sono venuto a conoscenza, giovedì, della necessità di una votazione suppletiva per la consulta provinciale. NVP? Penso che sia arrivato il momento di non prendere sottogamba queste elezioni, e dare voce alle proprie necessità ed esigenze con domande chiare e precisi fatti. NVP? Vogliamo essere parte attiva nel dibattito sulla scuola, e sul nostro istituto, e sui problemi di ogni plesso. NVP?

Attendo impaziente!!!

15/10/08

OCCHIO NON VEDE, CUORE NON DUOLE

Il nemico si nasconde si mimetizza tra le pieghe della coscienza
la sua violenza è subdola il suo passo di gatto
difficile davvero coglierlo sul fatto
il nemico è tra noi è dentro di noi
per farlo fuori occorre rinunciare ad una parte di noi stessi
se un tempo era più facile lottare contro ciò che non andava
perché il nemico una faccia ce l'aveva
una voce, una bandiera
sapevi dove andare a prenderlo in giro la sera
aveva nomi e facce, ma non è più
così adesso non si vede ma lui è ancora lì più forte che mai
e sotto sotto spinge col suo dai e dai
e ha stipulato un patto con le coscienze addormentate
nella pubblicità di una realtà falsificata
a migliaia di chilometri di distanza da questa
stanza uomini e bambini schiavizzati, sottopagati
diritti rubati derubati dell'infanzia in qualche capannone dell'estremo oriente
lavorano e producono le griffes dell'occidente
e qui non si sa niente perché sta bene a tanti
tacere verità che sono atroci e allucinanti
pilastri di un'economia vincente dal volto appariscente
che crea la sua ricchezza con la sofferenza di un sacco di gente
e quanti dovranno soffrire quante mucche impazzire
quanta aria velenosa bisognerà respirare
quanti cibi avvelenati bisognerà divorare
quante malattie ancora per interesse non si potranno curare
prima che qualcuno pensi che così non va bene
ma il nemico si è infiltrato dentro al sangue che ci scorre nelle vene
nei sorrisi compiacenti di politiche fatte di parole
all'insegna di "occhio non vede cure non duole"
il nemico ha il volto sorridente cravatta e doppio petto
intorno a grandi tavoli fa incetta di rispetto e di sorrisi
strette di mano accordi tra potenti che non guardano lontano
e approvano la produzione di mine anti uomo
di tutti gli armamenti necessari perché questo sistema
si mantenga bello saldo sui binari di sangue dove viaggia
cosicché anche il coraggio più coraggio si scoraggia
di fronte a questo gioco dove tutti hanno ragione
e i peggiori criminali sono tenuti in alta considerazione
e viaggiano in corsia preferenziale
rimbalzano sull'ammortizzatore sociale e non si fanno mai male
e cambiano i governi ed il nemico gli sorride in silenzio
protetto dalla logica del tacito consenso di chi gode
di questa situazione che fa comodo a tanti
tenere alto il livello di paura e le coscienze ignoranti
paura della povertà paura dell'ignoto
paura di trovarsi di fronte al grande vuoto di se stessi
con la coscienza critica in stato di assoluta catalessi
sconfiggere il nemico è guardarsi dentro
cercare il proprio centro e dargli vita
come a un fuoco quasi spento
renderlo vivo dargli movimento
il nemico si nasconde spesso in quello che crediamo
nei moralismi ipocriti
e nelle trasgressioni controllate e organizzate
nelle droghe illegali e sottobanco ben distribuite
il nemico crea falsi nemici per farsi scudo e apparir perbene
modellerà il suo aspetto e prenderà la forma di ciò che lo contiene
spacciandosi per libertà ti legherà con le sue catene
conservare il controllo di ciò che vediamo
conservare il controllo di ciò che sentiamo
verificare se sotto l'aspetto invitante di un'esca non sia nascosto un amo.
sconfiggere il nemico è guardarsi dentro
cercare il proprio centro e dargli vita come a un fuoco quasi spento renderlo vivo
e dargli movimento.
[di Lorenzo Cherubini]

12/10/08

E SU SALVEMINI?

Insomma, stiamo al Salvemini, ma quasi nessuno sa nulla di Salvemini. Ora, visto che siamo in procinto di ragionare su quello che accadrà per le prossime rappresentanze studentesche, voglio buttare lì una citazione (dal libro dello stesso autore che s'intitola "Per la riforma elettorale"): “A Milano ci vado senza entusiasmo e senza speranza - scriveva Salvemini a un amico prima di raggiungere l’assise socialista -. Mi sento assolutamente solo. I settentrionali non badano che a sé. I meridionali sono... quel che sono: retori, ignoranti, privi del senso della realtà, buoni solo a dire scemenze e proporre balordaggini. E io devo parlare ai settentrionali in nome dei meridionali.”

Bonne chance.

11/10/08

LE REGOLE

Ogni volta che sentiamo la parola "regola" ci viene la pelle d'oca, come se qualcuno stesse per saltarci addosso, legarci e non consentirci di fare nulla più. Per alcuni "stare alle regole" significa addirittura "non essere liberi". Le due cose non sono distinte, anzi le une potrebbero potenziare l'altra. Le regole potrebbero aiutare ad essere più liberi. Solo essendone a conoscenza si possono capire i propri limiti ed esercitare la propria libertà nel rispetto della libertà degli altri. Una società senza regole non ha futuro, una con troppe regole è bloccata al suo presente.

Da qui al 30 ottobre sarà necessario, secondo alcune precise regole, eleggere nella scuola i rappresentanti di classe, d'istituto e del Consiglio d'Istituto. Quindi è bene che queste regole siano palesi, cioè che tutti le conoscano. La prima regola dello Stato italiano che istituisce queste regole "condivise" per la scuola è il "Decreto Presidente Repubblica 31 maggio 1974, n. 416", che è stato integrato nella Legge n. 1 del 14 gennaio 1975, ha accolto una serie di modifiche e poi è diventato il "Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 - Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione".

Ovviamente, è importante che chi si sta per candidare alle elezioni scolastiche come rappresentante di classe e/o d'Istituto conosca almeno la parte del decreto che gli interessa. Per almeno due motivi: conoscere a quali responsabilità sta andando incontro e avere dei contenuti mediante i quali è possibile stabilire una interlocuzione costruttiva con le figure che gestiscono e/o gestiranno l'Istituto. Ora, la scuola non fa altro (o sinora non ha fatto altro) che informare genericamente delle responsabilità a cui si va incontro, ma senza conoscere le regole (non solo a scuola, anche nella vita) ci sarà sempre qualcuno che vorrà dimostrare di saperne più di noi. Per esempio, come nel caso del Regolamento d'Istituto: se non si conosce bene lo Statuto delle Studentesse e degli Studenti, linkato in altri post di questo blog, e le recenti modifiche volute dall'ex ministro Fioroni, non si possono avere gli strumenti "politici" per evidenziare le discrasie in esso presenti.

Per questo le regole sono importanti, soprattutto per chi ha creduto sinora che "essere eletto" avesse potuto significare avvantaggiarsi di una posizione (culturale, dialogica, sociale, relazionale). Non è così, solo conoscendo a fondo le regole si può prendere una posizione e far valere i propri diritti, così come sancito dal predetto Statuto. Per cui auguro ai candidati e agli elettori della prossima tornata elettorale scolastica una campagna elettorale nel rispetto delle regole generali di convivenza civile ma, soprattutto, l'evidenza di essere coscienti che le proposte, i programmi, le idee hanno forza solo se condivise sulla base di princìpi coerenti con quanto indicato dalle norme scritte.

04/10/08

E POI



Una idea per continuare a studiare, per chi ne ha voglia, e imparare un mestiere piacevole, interessante e molto ben pagato (quando fatto bene)!

IN RETE


In rete non significa soltanto che si è fatto goal. Esistono alcune informazioni utili in rete, sul web, che possono corroborare il senso del lavoro che si fa a scuola e pretendere, lì dove è sancito da un diritto, che un certo insegnamento raggiunga determinati risultati. Una cosa su questo genere l'ho scritta un anno fa, sed repetita iuvant (le cose ripetute, ridette, possono solo aiutare).
Ora aggiungo che ho trovato un indirizzo che indica quali sono le strade che un istituto professionale deve compiere e quali sono le possibili scelte di vita correlate. Chi c'è già invischiato non può farci molto, ma può consigliare, per esempio, che ancora non ci è entrato o chi sta per uscirne.

02/10/08

LA SCUOLA NON E' UGUALE PER TUTTI, PERO'...

A parità di condizioni (Palermo, edificio in affitto, quinta superiore, piano primo) le condizioni alla base per sentirsi studenti, o allievi, o alunni, o quel che si vuole, non sono paritarie per classi di istituti differenti. Si studia meglio se si sta in un ambiente decente, igienico, rispettoso delle normative elementari (aerazione, luminosità, metroquadrato per studente), anziché in uno in cui si sopravvive con rassegnazione, si aspettano le migliorie, ci si adegua all'andazzo.
Dal 17 settembre ad oggi ho fatto un lavoro, cosiddetto, di analisi delle condizioni di base.

Ne viene fuori una situazione a dir poco di disagio. Eppure gli studenti hanno diritto a educazione, apprendimento, preparazione, cura, rispetto (quello vero, non quello dei bulletti) e, soprattutto, corrispondenza tra documenti prodotti e fatti. Se uno studente vive in un ambiente sano, deve preoccuparsi della propria educazione (non certo di trasformare quell'ambiente in malsano); se vive in un ambiente disagiato, deve abbozzare e fare finta che tutt'intorno non esista nulla se non una cattedra, un docente, dei banchi e delle sedie immersi nella realtà virtuale.

Quali sono le critiche generali sullo stato di questa situazione? Ecco le risposte che si sentono in giro: "Gli studenti sono degli animali, rompono tutto quello che trovano, si fregano anche i rubinetti dei lavandini, le classi sono dei porcili, ma a casa loro fanno anche così?". Sono delle risposte pretestuose o corrispondono a verità? Se sono delle risposte pretestuose, che si danno perché non si ha nient'altro da dire, allora la situazione generale, lo stato delle cose, non si dovrebbe presentare come si presenta. Se corrispondono a verità, allora bisogna che gli studenti dimostrino una coscienza civica e una responsabilità complessiva sinora non evidenziate: solo in questa maniera si può lavorare in un ambiente sano, costruendo delle relazioni fiduciarie e proponendo soluzioni ragionevoli per il prossimo futuro.

Entro un mese, peraltro, si dovranno rinnovare una serie di Consigli mediante figure di rappresentanza (rappresentante di classe, d'Istituto e Consiglio d'Istituto). Questa occasione si deve configurare come un'occasione per cambiare direzione, per cambiare atteggiamento e per porsi come interlocutori privilegiati, dico agli studenti, nei confronti della classe docente e della direzione della scuola. Certo, comodo cambiare atteggiamento solo da una parte. L'occasione è da entrambe le parti. Quello che manca, in senso generale, è il rapporto di fiducia tra generazioni: da una parte gli studenti (ma siamo stati tutti studenti, no?) e dall'altra i docenti. Non è un muro contro muro, ma un'occasione di dialogo. Un'occasione di crescita, di relazioni civili e di verifiche dei rapporti di forza (che non significa occupare l'istituto o fare sciopero ad oltranza solo per anticipare le vacanze natalizie, o non solo questo): se al centro di questi rapporti ci saranno delle idee, si vedranno anche delle soluzioni; se ci saranno solo gli spauracchi del voto o delle lezioni, ne verrà fuori solo un chiacchiericcio inutile e senza senso.