18/03/09

ODE AL PRECARIO



Quanto sopravviverò nel mio ruolo di supplente?
Non credo sarà facile per me
arrivare all'ultima ora indenne agli attacchi, resistente
La verità? C'è una novità, ho qualcuno che mi ascolta
che mi domanda “allora da che pagina a che pagina 'sta volta?”
ma chi ha la luna storta dichiara apertamente “lei non conta niente…”

Ti spiacerebbe passarmi del sale? Sul primo canale c'è un gioco impossibile
Ti spiacerebbe passarmi del sale? Se porti giù il cane c'è il vino da prendere

Io sono un portatore sano di sicuro precariato
e anche nel privato resto in prova
e ho un incarico a termine lo so
ma ho molta volontà, non c'è pericolo…
Figli della polvere raggrumata sotto i banchi
anche per oggi non vi interrogo
ho saputo già dal preside e dagli altri
che vi siete alzati stanchi
ma è l'ultima possibilità che ho di chiedervi un piacere
vorrei sapere chi mi imita e perché
non ne posso anch'io godere
una volta sola prima di lasciare
anche questa scuola

Ti spiacerebbe passarmi del sale? Sul primo canale c'è un gioco impossibile
Ti spiacerebbe passarmi del sale? Se porti giù il cane c'è il vino da prendere

Noi siamo portatori sani di sensi di colpa
e sulle mani abbiamo segni di medusa
io ho il sospetto che non se ne andranno via
ecco un esempio di eterna compagnia

10/03/09

IL DOMATORE

I bambini della terza hanno da quindici a diciott’anni
presenti assenti ripetenti in età ormai da pensione
età biologica versus età comportamentale, analogica, reale
stanno in gruppo come se fossero in piazza o per strada
ascoltano musica durante l’ora di supplenza, aaaaah
bipbip dei telefonini, si fanno le foto col cellulare
non sanno cosa fare, si alzano si siedono si affrontano
ridono parlano urlano alzati seduti qualcuno coricato
steso sbracato sulla sedia, sospeso sul tappeto postintervallo
di carte, bottiglie vuote, confezioni di merendine,
fa finta di dormire mentre parla, in realtà, al telefono
tastiera display parabola satellite tastiera microfono auricolare
con qualcuno che sta altrove, sembra, ma in realtà
è dall’altra parte della stanza, che gli risponde e lo guarda
lui alza gli occhi e in silenzio le dice qualcosa che
la fa arrabbiare e stop, cessare di ascoltare.

I bambini della terza cantano le canzoni del momento, le hit
sulla base registrata, durante l’ora di supplenza, sembrano
animali in gabbia, cresciuti in cattività, gatti senza casa,
e spostano le sedie trascinandole, tzrzrtz, persino giocano a carte,
a scuola, con le fiches colorate, a scuola, mentre una chiede di uscire,
uno vuole una bottiglietta d’acqua, la deve chiedere alla slot machine,
fuori, e per andarci, sono sei passi, si deve fare accompagnare,
il piccolo, perché dice che ha paura ad andar da solo, in realtà,
nella sua, fa lo scemo, crede di essere spiritoso, invece no
ha la sua incompresa età, non ancora uomo non più ragazzo.

I bambini della terza giocano alla morra, dietro i banchi
una sola scrive cose su un diario, scrive e sorride, chissà cosa
e chi sa a chi, è sola e lo sa, si esclude e lo sente oltre le cuffiette
ma non le importa niente, è il suo ruolo o la sua parte, e la recita
tutta intera senza tirarsi indietro, uno dei suoi compagni intanto
la importuna cercando di giocarci ma lei non ci sta
sorride e si schermisce ma rimane assorta nel suo spazio lontano
chilometri distante, siderale, mentre tutt’intorno è un desolante casino.

Questa è la realtà, questo il destino dell’ora di supplenza, inerte,
inutile, imprevedibile e inconsistente, l’ora mancante
che nessuno vuole fare
si è osservatori implacabili e muti di una tempesta che bisogna
dirigere, orientare, domare, sentirla propria tra i flutti
e i flussi di energie
che in quell’ora vengono liberate come i venti dall’otre di Eolo.

Non so se mi preoccupa di più l’età cerebrale dei bambini della terza
o l’inedia dell’ora di supplenza, il tedio, l’assordante silenzio
dietro cui mi trincero, ché non ho forza di reagire dinanzi all’onda
improbabile di energie contrastanti, ci vuole assenso dalla loro parte,
devi giocarci, essere accettato, coinvolto e poi interattivo,
toccando il loro orgoglio, l’età, la loro vera età
e il confine della rabbia, dell’involucro, il senso del tempo
i diritti, i loro spazi, in fondo il loro senso della libertà.

Ma a questo la scuola non prepara, la vita piuttosto sì, ma la vita
non ci riguarda, ha a che fare coi bambini, e noi li guardiamo
da lontano, da due metri, dalla cattedra, svolgere la tesa
degli aquiloni, e sto per dire che è ora di crescere, adesso
ma trilla la campana, liberatoria, per loro, dal supplente
assorto e ticchettante, così mi alzo, li saluto sottovoce e me ne vado
fuori dalla loro temporanea ora di assenza
per immergermi di nuovo tra le correnti dispositive di chi fa
il supplente, a riempire falle di tempo,
verso un altrove diverso ma sempre uguale.