10/03/09

IL DOMATORE

I bambini della terza hanno da quindici a diciott’anni
presenti assenti ripetenti in età ormai da pensione
età biologica versus età comportamentale, analogica, reale
stanno in gruppo come se fossero in piazza o per strada
ascoltano musica durante l’ora di supplenza, aaaaah
bipbip dei telefonini, si fanno le foto col cellulare
non sanno cosa fare, si alzano si siedono si affrontano
ridono parlano urlano alzati seduti qualcuno coricato
steso sbracato sulla sedia, sospeso sul tappeto postintervallo
di carte, bottiglie vuote, confezioni di merendine,
fa finta di dormire mentre parla, in realtà, al telefono
tastiera display parabola satellite tastiera microfono auricolare
con qualcuno che sta altrove, sembra, ma in realtà
è dall’altra parte della stanza, che gli risponde e lo guarda
lui alza gli occhi e in silenzio le dice qualcosa che
la fa arrabbiare e stop, cessare di ascoltare.

I bambini della terza cantano le canzoni del momento, le hit
sulla base registrata, durante l’ora di supplenza, sembrano
animali in gabbia, cresciuti in cattività, gatti senza casa,
e spostano le sedie trascinandole, tzrzrtz, persino giocano a carte,
a scuola, con le fiches colorate, a scuola, mentre una chiede di uscire,
uno vuole una bottiglietta d’acqua, la deve chiedere alla slot machine,
fuori, e per andarci, sono sei passi, si deve fare accompagnare,
il piccolo, perché dice che ha paura ad andar da solo, in realtà,
nella sua, fa lo scemo, crede di essere spiritoso, invece no
ha la sua incompresa età, non ancora uomo non più ragazzo.

I bambini della terza giocano alla morra, dietro i banchi
una sola scrive cose su un diario, scrive e sorride, chissà cosa
e chi sa a chi, è sola e lo sa, si esclude e lo sente oltre le cuffiette
ma non le importa niente, è il suo ruolo o la sua parte, e la recita
tutta intera senza tirarsi indietro, uno dei suoi compagni intanto
la importuna cercando di giocarci ma lei non ci sta
sorride e si schermisce ma rimane assorta nel suo spazio lontano
chilometri distante, siderale, mentre tutt’intorno è un desolante casino.

Questa è la realtà, questo il destino dell’ora di supplenza, inerte,
inutile, imprevedibile e inconsistente, l’ora mancante
che nessuno vuole fare
si è osservatori implacabili e muti di una tempesta che bisogna
dirigere, orientare, domare, sentirla propria tra i flutti
e i flussi di energie
che in quell’ora vengono liberate come i venti dall’otre di Eolo.

Non so se mi preoccupa di più l’età cerebrale dei bambini della terza
o l’inedia dell’ora di supplenza, il tedio, l’assordante silenzio
dietro cui mi trincero, ché non ho forza di reagire dinanzi all’onda
improbabile di energie contrastanti, ci vuole assenso dalla loro parte,
devi giocarci, essere accettato, coinvolto e poi interattivo,
toccando il loro orgoglio, l’età, la loro vera età
e il confine della rabbia, dell’involucro, il senso del tempo
i diritti, i loro spazi, in fondo il loro senso della libertà.

Ma a questo la scuola non prepara, la vita piuttosto sì, ma la vita
non ci riguarda, ha a che fare coi bambini, e noi li guardiamo
da lontano, da due metri, dalla cattedra, svolgere la tesa
degli aquiloni, e sto per dire che è ora di crescere, adesso
ma trilla la campana, liberatoria, per loro, dal supplente
assorto e ticchettante, così mi alzo, li saluto sottovoce e me ne vado
fuori dalla loro temporanea ora di assenza
per immergermi di nuovo tra le correnti dispositive di chi fa
il supplente, a riempire falle di tempo,
verso un altrove diverso ma sempre uguale.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Il ritorno… in poesia. Un ritorno atteso a giudicare dal numero dei contatti di questi mesi, a meno che questi non siano stati dettati da maliziosa curiosità. Il primo post dell’anno solare, dopo un lungo silenzio che parlava, che richiedeva attenzione e ascolto da parte nostra, colleghi e lettori in genere. Noi forse ci siamo chiesti la ragione di questo silenzio, ma per indifferenza, distrazione, individualismo, timore, non l’abbiamo ascoltato.
Dunque un ritorno con una poesia dedicata all’ora di supplenza, che nessuno vuole fare né alla prima né all’ultima ora, magari alla terza o alla quarta con lo sconto dei dieci minuti sottratti dalla ricreazione. L’ora che ci trasforma in attori-spettatori, domatori, dittatori. Sì, perché specie nelle classi del biennio, anche il più mite dei professori è costretto a mutarsi in un cerbero per evitare che i bambini facciano del male a se stessi, agli altri, alle cose.
L’ora che ci trasforma in orologi che scandiscono i minuti ticchettando con la matita, la penna, il piede, le dita.
La poesia ci fa percepire il movimento che si genera nell’aula, ci fa sentire i suoni e le parole sussurrate, canticchiate, gridate, ci immerge nella situazione e nell’atmosfera fatta di rifiuti, sguardi, sentimenti, beffe, giochi.
Ma il tono è sommesso, intimistico, malinconico. E’ la malinconia che nasce dal senso di inutilità e di impotenza, dalla consapevolezza che la condivisione dello stesso luogo e dello stesso tempo non equivale ad un incontro . Spesso non succede nel lungo periodo, figurarsi in un’ora! Si avverte l’amarezza per aver, tutti, sprecato del tempo prezioso e un’opportunità di conoscenza e di crescita umana, culturale…Eppure ogni tanto accade che l’ora di supplenza diventi proficua, ma succede di rado, è quasi un miracolo.
La supplenza non si potrà mai abolire, non potrebbe riuscirci neppure Brunetta, anche se riuscisse a farci diventare tutti stacanovisti. Si dovrebbe invece evitare che restino inespresse le potenzialità dei docenti e che venga mortificata la loro professionalità con orari di cattedra in cui le ore di supplenza uguagliano o superano quelle di lezione.

Unknown ha detto...

Dear Anonimo, si scrive così. Non commento il commento, ma riporto "la tesa degli aquiloni". I bambini, non lo avrei mai detto, si sono quasi offesi del fatto che sono stati chiamati "bambini". Non sanno che non lo saranno mai più, ora che desiderano essere grandi e quando lo desidereranno dovranno chiamare "bambini" altri. Già, si sono offesi come se il tempo fosse dalla nostra parte e noi ne approfittassimo. Si sentono cresciuti, si sentono maturi, pensano di saper rispondere a tono al tono dei versi ma rifiutano di farlo. E io li pizzico, allora, mi dichiaro e li stuzzico a reagire, a crescere, se è questo che vogliono, ad essere responsabili del loro presente, a spogliarsi dalla pelle dei bambini. Ma la strada è lunga...

Anonimo ha detto...

salve...non vorrei essere troppo maleducata, quindi sarò molto breve in questo mio commento..volevo solo dire, che per noi ragazzi, che siamo dalle prime classi delle scuole superiori alle ultime, l'ora di supplenza è un'ora di "relax" se così la vogliamo chiamare.
l'ora di supplenza è un'ora che noi alunni usiamo per stare tutti insieme e magari conoscerci di più.
parlando della mia classe posso solo dire che siamo dei ragazzi molto vivaci e divertenti. Durante l'ora di supplenza abbiamo cercato di coinvolgerla nei nostri modi di fare per far rilassare anche lei e cercare di non dover sempre spiegare e spiegare, ma a quanto pare lei non ha accettato ciò scrivendo un invtervento generalizzato, ma riferendosi a noi come classe.
concluco ripetendo che l'ora di supplenza per noi è un ora per rilassarci e lo dovrebbe essere anche per lei.
Adesso basta, mi sto prolungando troppo.
P.s: sono anonimo, no perchè non ho il coraggio di dire chi sono, ma solo perchè non sono registrata nel sito

Unknown ha detto...

Leggo da internet: "Tutti sanno cosa sia un’ora di supplenza.
Per l’insegnante è un intervallo di tempo da passare in una classe spesso non sua e in cui può:
- moderare il brusio, lanciando occhiate arcigne qua e là mentre corregge i compiti;
- presentarsi spigliato, cercando di tenere testa alle battute studentesche per lo più grevi;
- aprire un dibattito solitario su qualche importante argomento d’attualità, ponendo le domande e rispondendosi;
- proporre un argomento riguardante la sua materia o quella del collega sostituito e spiegarlo a se stesso, visto che nessuno lo sta a sentire.
Per gli studenti l’ora di supplenza è un’ora vuota di significato da riempire con i mezzi di sempre: chiacchierare indisturbati, studiare per l’ora dopo, mettersi un paio d’occhiali neri e immergersi nel nirvana, sbeffeggiare il supplente, mangiare la pizzetta…". Cara L., il relax è altra cosa. L'ora di supplenza è un'occasione perduta dalla scuola di incidere sulle vostre esperienze, di aiutarvi a crescere, di suggerirvi idee, di sollecitare in voi un vero interesse per l'apprendimento. Mentre voi, nel relax, vedete un'occasione preziosa per alimentare quello che già fate fuori dalla scuola. In questo caso, dunque, la scuola perde il suo ruolo e si trasforma in pub. No?

Anonimo ha detto...

invece no! Come facciamo noi ragazzi della classe a conoscerci e ad avere rapporti tra di noi se all'esterno nn è possibile averne?? allora proviamo ad averne in classe...lei è entrato + di una volta nella nostra classe e nn ha provato nemmeno mezza volta aprendere un'argomento di attualità...molte volte che noi abbiamo avuto supplenze e gli insegnanti che riempivono l'ora di "buco" hanno provato a prendere un'argomento noi siamo sempre stati disponibili ad ascoltare l'isegnate e a creare anche un dibbattito su un'argomento di attualità o altro...chisà come mai solo lei non è riuscito a comunicre con noi alunni...come mai??

Unknown ha detto...

Visto che la direzione dei commenti è unilaterale chiederò esplicitamente alla vicepresidenza di avere la priorità sulle supplenze per la vostra classe: chissà che non me la concedano! Così, invece di perder tempo ad avere "rapporti" tra di voi solo in relazione a scherzi telefonici, si potranno affrontare argomenti di attualità per creare un (cito) "dibbattito" proficuo che, invece, altri insegnanti che "riempivono" l'ora di "buco" sono stati capaci di gestire.