29/05/07

POCHE MOSSE


Lo scorso anno, in via molto sperimentale, era stata adottata la pratica, invalsa presso i graffitari, o più prosaicamente writers, di occupare con graffiti "autoriali" alcune pareti dell'Istituto Salvemini. L'esperimento, come tutti gli esperimenti che si rispettino, non aveva sortito l'effetto voluto: ovvero, l'esempio non fu seguito e rimase lì, in una stanza, rinchiuso per sempre. Quest'anno qualcosa è cambiato, oppure il progetto è lievitato, come la pasta del pane, e qualcun'altro ha pensato che l'intenzione era buona ma la resa, probabilmente, meno, per cui gli studenti e i professori di indirizzo grafico hanno "progettato" in largo anticipo, con i ragazzi, dei modelli e li hanno fatti realizzare, dai ragazzi, in un secondo momento. Il creative day, inoltre, fortemente voluto da Norman Vitale e da altri allievi presenti presso la sede centrale dell'Istituto, è stato uno dei momenti in cui la teoria ha sposato la pratica e alcuni graffiti sono stati realizzati (anche nonostante, mi tocca dirlo, il pessimo e inutile boicottaggio di alcuni docenti, di ogni indirizzo) in varie parti della sede centrale. La fotografia ne evidenzia uno, ma ce ne sono altri e più interessanti. Con questo breve post vorrei, invece, porre l'attenzione sui luoghi in cui sono stati realizzati i disegni. Sono gli stessi che in un precedente post Mavix ha classificato come "nave-fantasma" o, forse, solo la sua stiva. Effettivamente, scendere a "meno uno" o a "meno due", già nella stessa espressione, ricorda un film tipo Resident Evil, e a questi livelli l'attenzione per i luoghi va via via scemando fino a diventare inesistente, anzi no: a "meno due" l'habitat preservato negli anni alimenta una comunità di culicidae che sostengono l'interesse di docenti e studenti verso le scienze naturali. Si può invece notare, nella suddetta stiva, e proprio di fronte al disegno già visto, lo stato delle cose riportato in foto:

Io immagino che si tratti solo di disattenzione, non certo di negligenza. Anzi, è probabile che il redattore del testo (io) non si sia reso conto che in realtà trattasi di una installazione artistica la cui didascalia è venuta meno. Eventualmente, me ne scuso. Ma se così non fosse? E se i casi del genere siano ripetuti, come quando per gettare via la polvere raccolta si colloca sotto lo zerbino anziché mettere in moto il sistema di movimenti tesi a farla sparire. Solo che una serie di elementi d'arredo di certa entità non sono polvere, e si notano, e fanno commentare, a chi li nota, che non si può educare alla decenza e alla legalità dinanzi a questo scempio. Va anche notato, però, che se quegli oggetti stanno in quelle condizioni (e non ci mettiamo ad enumerare i tipi di vandalismi a cui sono soggetti) qualcuno avrà avuto la possibilità di farlo, forse nel tempo, senza che altri vi si sia opposto, e traduco: se un cretino si mette a scrivere idiozie su una porta e nessuno dei suoi coetanei, o dei docenti, gli fa notare che quella è la porta di tutti e non la sua personale e non lo intima di cancellare le idiozie appena scritte, allora quella abitudine si stratifica e tutti pensano di potere usare i luoghi collettivi come se fossero propri, nel senso di proprietà personale, e tale usanza piano piano si sposterà dal personale al collettivo, e dalle scritte all'atto vandalico, col risultato che è sotto gli occhi di tutti. Non ci vuole molto però, poche mosse e ogni cosa va al suo posto.

2 commenti:

INFINITY ha detto...

Difatti per riallacciarmi a KILGORE TROUT il problema nasce, quando il docente ammonisce verbalmente l’allievo e tale richiamo non sortisce alcun effetto, anzi diventa una provocazione e l’allievo risponde disturbato quasi offeso dal rimprovero. Poi, in un caso successivo, l’ammonizione diventa scritta “ti faccio una nota!” ma poi della nota non si tiene conto durante i consigli, con il voto di condotta, con la convocazione dei genitori, con l’ammissione o no per l’anno successivo o agli esami…, è troppo faticoso, più semplice lasciar passare tutto. Per ultima fase c’è quella che nessun docente (del Salvemini) svolge più e ossia quella in cui si pronuncia la fatidica frase “ti porto dalla Preside”, no questa no.. “ti porto dal Vicepreside” no questa neppure ma da qualche parte lo si deve pur portare a sto ragazzo e dice “andiamo in vicepresidenza!” e mentre il docente sale quei tre già nominati scantinati della “nave-fantasma” dentro di lui comincia la tribolazione, comincia a sperare fortemente, spera intanto che lì sopra ci sia qualche essere vivente, dopodiché spera ancora che questo qualcuno sia uno tra quelli che abbia un minimo di misura e che non gli faccia fare la figura dell’imbecille davanti all’allievo, che non gli distrugga quel briciolo di autorevolezza che gli rimane… e nella media statistica dei casi dirà:
a) che è vergognoso ma… hem.. che sarebbe meglio parlare con il Dirigente ma… che.. hem.. in quel momento non c’è;
b) che è vergognoso ciò che ha fatto l’allievo, che il docente ha ragione ma… che.. hem.. sarebbe più utile far contattare i genitori dal coordinatore;
c) che ha ragione, la nota dell’insegnante viene controfirmata da chi è in vicepresidenza in quel momento ma… hem.. vale tanto quanto quella del docente, ossia nessuno gli dà sèguito;
d) che ha ragione, che può nuovamente scendere in classe ma che l’allievo invece si trattenga perchè necessita di un “discorsetto” il quale è posto con una forma hem.. pseudo-paterna “…tu sei un ragazzo intelligente.. …mi prometti che non lo fai più?” Secondo voi, a questa domanda cosa pensiate risponda l’allievo?

COSA FARE?
Il docente deve essere più fermo, non mollare, perseverare e continuare a farlo. Se scrive una nota sul registro deve fare in modo che sia rispettata in primo luogo da lui stesso e poi dai propri colleghi durante i consigli di classe, non deve passare inosservata, che si chiami pure il genitore e si discuta con lui la problematica, che si scoprano i malesseri, che ci siano delle discussioni sia contro che a favore dell’allievo. Il docente non può pretendere che qualcun altro effettui ciò che lui per primo non fa, lui per primo non si rispetta e non dà peso alle sue stesse azioni dandone un seguito serio, fermo. Che i docenti comincino a puntare i piedi e non lasciar correre, che siano i consigli di classe a intervenire più, molto, molto di più della vicepresidenza.
Ma… questo richiede lavoro e.. quanti docenti sono disposti a farlo? Le istituzioni non esistono più perché noi per primi non ci crediamo più. Dobbiamo darci una SMOSSA! Ora basta!

Unknown ha detto...

Detto tra noi, non male. Proprio non male. Ma per arrivare a qualcosa di sensato io propongo tre vie:
1. I-S-T-I-T-U-Z-I-O-N-A-L-E, scritta così, maiuscola, con mosse e contromosse tutte burocratiche che però, a detta della Preside (ultimo collegio utile), se la critica non è mossa dal prof.(!) ha un relativo peso politico: stile long playing, tracce documentate, effetti duraturi;
2. GUERRIGLIA, meno istituzionale ma con effetti politici, comunque, passionale, di prima linea, ma se qualcuno non rimane sulla Sierra Maestra, o sulla linea Maginot, allora tutto è perduto perché gli effetti avvantaggeranno pochi e senza continuità;
3. RI-VO-LU-ZIO-NE, che mette assieme le strategie del punto 1 con quelle del punto 2, ma necessita di un gruppo di riferimento, i cui membri si riconoscano e facciano cose concrete col rischio, tutto italiano, che se qualcuno se ne pente, per strada, il progetto va alla malora. Allora?